Nella storia del mondo occidentale, gli anni Sessanta e Settanta del ventesimo secolo rappresentano un momento di svolta epocale; spesso questo periodo viene caratterizzato con il Sessantotto, l'anno in cui le tendenze alla svolta si sono rese palesi, l'anno della "rivoluzione culturale". A distanza di più di trent'anni, ci si può chiedere che cosa abbiano significato quegli eventi nella storia di ognuno di noi e nella storia del mondo occidentale, in particolare in quella del nostro Paese. Ci si può anche chiedere che cosa ne rimane nello scoutismo di oggi, e quale funzione quegli eventi abbiano avuto nella crescita dello scoutismo degli adulti.
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UN PEZZO DI STORIA SESSANTOTTINI E ROVER SCOUT |
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Coloro che erano stati rover e scolte negli anni Cinquanta e nella prima metà degli anni Sessanta, dopo avere preso la Partenza, cercavano di costituire forme di aggregazione caratterizzate da un forte impegno di tipo sociale - politico e da posizioni religiose d'avanguardia. Le aperture del concilio Vaticano II non erano ancora entrate nella realtà della Chiesa italiana. In molti Clan si cantavano le canzoni di Valeria Marini e i canti di protesta contro la guerra in Vietnam; si facevano uscire dall'Isolotto di Firenze, o da Barbina da don Dilani, o ai campi di Clan in Sicilia, per incontrare Danilo Dolci.
In quegli anni si incomincia anche a parlare di volontariato, anzi di "servizio volontario", in Italia e nei paesi in via di sviluppo, e di obiezione di coscienza. Chi da giovane ha vissuto quel periodo, lo ricorda come una stagione di grande speranza, vissuta nella consapevolezza di un grosso fenomeno che stava per esplodere. Il Sessantotto fu l'anno della "primavera di Praga" e del "socialismo dal volto umano" di A. Dubcek; fenomeni ben presto travolti dall'invasione sovietica della Cecoslovacchia e dei Paesi dell'Europa dell'Est. GIUNGLASILENTE: ci rendiamo perfettamente conto che lo stralcio sopra riportato è davvero molto forte, ma allo stesso modo è terribilmente attuale. Va subito detto che il rapporto scoutismo - politica non è più così intrinseco, ma va anche detto che ancora troppo spesso si vedono gruppi scout che si mischiano a folle di dimostranti organizzati in connotazioni e schieramenti partitici... Non vogliamo di certo criminalizzare il "far politica", né; le fazioni partitiche: far politica è certamente uno dei modi per far parte attiva della società, per interagire con la pòlis, per dare il proprio personale contributo, qualsiasi sia il pensiero o la vocazione: quando le idee vengono espresse civilmente, tutto è valido, lecito e consentito. Ma lo scoutismo ha una propria identità completa che non ha bisogno di alcuna interferenza ideologica che ne rovina solamente il disegno e la potenzialità educativa: nello scoutismo c'è religione, amor di Patria, amor fraterno, educazione, discernimento. Tutto quello di cui un educando ha bisogno. Anche politicamente, lo scoutismo non rimane a guardare: esso forma la coscienza individuale e la capacità critica, il saper pensare con la propria testa, il saper prendere delle decisioni importanti (dice nulla la forcola dei rover?).. Poi, la decisione politica vien da sé;: non c'è bisogno di indottrinare: è scorretto e limitativo e non dà spazio alla critica della persona. Abbiamo bisogno più che mai di uno scoutismo sano e genuino, atteso che ormai è assodato che esso non ha velleità colonialistiche o para militari, che non è di destra o di sinistra. Lo scoutismo va al di sopra di questi materialismi umani e si innalza con la strada che segue il Vangelo, l'unico, consentiteci la battuta, "buon partito"...
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